martedì 4 dicembre 2012

50 SFUMATURE DI FRITTO: in cucina c'è sempre da impanare!

ll posto più  sensuale dopo la camera da letto? La cucina. Il cibo più godurioso? Senza dubbio il fritto. E da cotanto amore il giornalista leccese Pierpaolo Lala ha partorito il kamasutra dell'unto, un manuale  per lussuriosi del fritto.


Sul filo di una brillante parodia del bestseller "50 sfumature di grigio" (che personalmente non ho letto) nasce "50 sfumature di fritto" un'interessante raccolta di 50 ricette da calare nell'olio bollente, divise in 5 categorie  (antipasti, primi, secondi, dolci e cibo di strada) proposte da casalinghe, food blogger (me compresa), giornaliste, pensionati, professori, nonni, appassionati (Anna Lisa Gaudino, Caterina Massari, Antonietta Rosato, Assunta Rugge, Giovanna, Giuseppe e Debora De Fazio, Gabriella Basso, Marcello Aprile, Viviana Amati, Laura Casciotti, Lori Albanese, Renata Leone, Antonella Pece, Zia Narduccia, Maria Antonietta Pax, Laura Mita, Pino De Luca, Antonella Santilli, Annalisa D'Aprile, Caterina Vitiello, Daniela Errico, Metella Ronconi, Gina De Giorgi, Maria Grazia Fasiello, Lucia Grieco, Severino Malerba, Simona Covolo, Roberto Covolo).
Ho avuto il piacere di partecipare con due sfiziosissime ricette perfette per il periodo natalizio: "Cecamariti ruffanesi" per la catergoria antipasti e "Caranciuli" per i dolci.
L'introduzione di DonPasta, i consigli su olio e frittura di Giuseppe Barrett, gli  accostamenti con vino e birra a cura di  Pino De Luca e due racconti di Osvaldo Piliego e   di   Manila Benedetto completano il manuale rendendolo un perfetto regalo da mettere sotto l'albero perché, come sostiene l'autore "in cucina c'è sempre da impanare..." ;)


In edicola dal  15 dicembre (Lupo Editore) e in distribuzione con quiSalento

50 sfumature di fritto
Piccolo manuale untologico
a cura di Fornelli Indecisi
Ideazione e coordinamento editoriale / Pierpaolo Lala
Concept, foto e design di copertina / Angela Morelli
Imapanatura e friggitura del papillon / Paola Basso e Cenzina Cavaliere
Progetto grafico interno e impaginazione / PazLab
Ispirazione / la pastella, l’olio d’oliva, mamma Renata e tutte le mamme e le nonne del mondo
Ricette / Anna Lisa Gaudino, Caterina Massari, Antonietta Rosato, Assunta Rugge, Giovanna, Giuseppe e Debora De Fazio, Gabriella Basso, Marcello Aprile, Viviana Amati, Laura Casciotti, Lori Albanese, Renata Leone, Antonella Pece, Zia Narduccia, Maria Antonietta Pax, Laura Mita, Pino De Luca, Antonella Santilli, Annalisa D'Aprile, Caterina Vitiello, Daniela Errico, Metella Ronconi, Gina De Giorgi e Maria Grazia Fasiello, Lucia Grieco, Severino Malerba, Simona Covolo, Roberto Covolo

martedì 27 novembre 2012

ANTICHI SAPORI DELLE PUGLIE PREMIA IL SALENTO

Antichi sapori delle Puglie, niente di più familiare, è il nome del  marchio di qualità promosso da ADC "Associazione Difesa Consumatori" e depositato al Ministero dello Sviluppo Economico. Un marchio d'eccellenza che garantisce il consumatore indicando produttori e ristoratori che utilizzano prodotti a Km 0, prevalentemente stagionali, biologici e certificati  (Dop, Igp,sgt) nel completo rispetto della tradizione culinaria Pugliese. 

Qualità e interesse del consumatore dunque, le parole d'ordine del PREMIO ANTICHI SAPORI DELLE PUGLIE sostenuto dall'assessorato allo Sviluppo Economico della Regione Puglia e giunto alla sua IV edizione, che ha premiato il Salento.






Tra  riconoscimenti a istituzioni e personalità che si sono distinte nel campo alimentare  e  nella promozione dei "saperi e sapori di Puglia" è stato un onore per me ricevere  il Premio Antichi Sapori delle Puglie a  deliciousalento.it  "per la qualità e l'eccellenza con cui il blog  diffonde e promuove in rete la cultura gastronomica tipica salentina e pugliese".




Con enorme orgoglio salentino, il 1° Premio Ristoratori Rete Antichi sapori delle Puglie va per il secondo anno consecutivo a Paolo Ditano dell' Oste Pazzo di Casarano in coppia con Carlo Cosi
che hann0 concorso con chef e maestri del settore quali Peppe Zullo di "Da Peppe Zullo Orsara di Puglia",  Mimmo Verrigni  dell' "Osteria Ferro e Fuoco di Trani" e Salvatore Riondino  del "Canneto beach Margherita di S." che ci hanno allietati con la loro maestria e ricercate squisitezze gastronomiche.



Le terre di Puglia hanno tanto da offrire in termini di varietà ed eccellenze gastronomiche e mettendo in pratica la filosofia del marchio "Antichi sapori delle Puglie" fondata su un consumo di qualità, che vuol dire  eccellenza  delle materie prime, genuinità, territorialità a Km e a volte anche a cm 0,  accoglienza e cura del servizio, prezzo equo e trasparente, siamo sulla strada giusta, una strada che  che porterà ad una sana competitività, alla cooperazione  e alla crescita del territorio,  ad una migliore qualità della vita, sana e sostenibile.




Un ringraziamento speciale da parte di deliciousalento.it va alla dott. Giulia De Marco  ( Ufficio alta professionalità camere di commercio e iniziatice i favore dei consumatori della Regione Puglia) e  al dott. Matteo Fumarola ( Servizio attività economiche  consumatori). 
Visitate: antichisapori.wordpress.com





lunedì 26 novembre 2012

PANE PUGLIESE a lievitazione lenta

Cosa c’è di più buono del pane? Vi assicuro, non esiste soddisfazione più grande che prepararlo con le proprie mani!
Anche se in tempo di crisi, panificare in casa non ha nulla a che fare con i costi legati a esso… è una sorta di rallentamento interiore, una corrente contraria al globale che avanza, un ritorno ad uno stile di vita più lento, strettamente legato al territorio e alle sue produzioni. Scordiamoci la fretta, lo stress, la frenesia, fare il panenecessita di cura, amorevole attenzione e attesa: tempo del quale dovremo riappropriarci per restituire valore alle cose che contano.


Ingredienti:
1 kg di farina di grano duro di produzione locale 
300 gr di lievito madre (o 7 g di lievito di birra secco o 14 gr di lievito di birra fresco)
700 ml di acqua (25° – 30°C)
20 gr di sale
Preparazione:
Nell’ impastatrice versiamo la farina di grano duro, il lievito, 350 ml di acqua e cominciamo a mescolare a minima velocità per un paio di minuti.
Idratiamo pian piano la farina con l’acqua rimasta e aumentiamo leggermente la velocità impastando per altri 5′. Aggiungiamo il sale e continuiamo ad amalgamare per una mezz’ ora, fino a ottenere un composto liscio, omogeneo e molto elastico.
Infariniamolo leggermente, copriamolo e lasciamolo lievitare ad una temperatura di 28°-30° per 7 – 8 oreva benissimo prepararlo la sera tardi e farlo crescere tutta la notte.
La mattina seguente sistemiamo l’impasto sulla spianatoia o sul tavolo infarinato (un tempo si faceva nella “mattrabanca”) e con entrambe le mani arrotoliamolo su se stesso portando i lati verso l’interno. Dopo aver ripetuto l’operazione più volte, pesiamolo e dividiamolo in due parti uguali: una volta cotto otterremo due forme di pane da circa 500 gr l’una. Lasciamo lievitare per altre 2-3 ore.
Trascorso il tempo necessario, sulla superficie effettuiamo dei tagli netti e profondi con la lama di un coltello o un tarocco, in modo che pane cresca in cottura senza che si spacchi ai lati o nella parte inferiore. In passato il pane delle famiglie salentine, che veniva ritirato di casa in casa dai fornai e cotto in comune nei grandi forni a legna, veniva inciso con dei simboli caratteristici per poterlo distinguere da quello degli altri.
Dopo aver acceso, portato a temperatura e aver rimosso il fuoco, il pavimento del forno a legna viene pulito con acqua: contemporaneamente si elimina ogni residuo cenere e si rende l’ambiente umido e idoneo alla cottura. Se pur con un forno domestico, per cuocere il nostro pane pugliese alla perfezione, anche noi dobbiamo far sì che nella prima fase di cottura ci sia abbastanza umidità che rallentando la formazione della crosta, permetterà al pane di crescere. Per questo prima di accendere il forno sistemiamo nella parte superiore un’ampia teglia piena d’acqua. Sulla base, invece, poggiamo la leccarda capovolta e ricoperta con carta da forno su cui adagiare le pagnotte.
Preriscaldiamo il forno a 250° ( forno elettrico statico)A differenza dei forni elettrici, la temperatura dei forni a legna non è costante: è molto alta non appena si inforna il pane e cala naturalmente e gradatamente fino a fine cottura. Anche noi replicheremo questa attenuazione di calore procedendo in questo modo: (1) cuociamo per i primi 20′ a 250°C con umidità poi (2) togliamo la teglia (l’apertura del forno favorirà la fuoriuscita del vapore, ma se abbiamo la possibilità di attivare la ventola per qualche secondo tanto meglio) e giriamo il pane (3) continuiamo la cottura a 230° C per altri 20’ (4) abbassiamo la temperatura a 180° C e cuociamo per 20’ ancora. Sforniamo il pane e controlliamo che la base sia ben cotta.
La mia prozia, fornaia, passava ogni singola forma di pane con una spazzola imbevuta d’acqua e la rimetteva a cuocere, in modo che potesse formarsi una crosta scura e croccante anche in superficie, caratteristica fondamentale del tradizionale pane casereccio pugliese. Appena fuori dal forno inumidiamo la superficie delle pagnotte con un canovaccio bagnato e rinfornandole nella parte alta per 5’ -10’.
Sforniamo e battiamo con le nocche sulla crosta: se suona di vuoto, sono cotte alla perfezione!
Lasciamole raffreddare su una gratella poi riponiamole coperte da un canovaccio di lino.
Non affettiamo il pane quando è ancora troppo caldo…attendiamo almeno che sia tiepido!
Delicious!

P.S. I tempi di cottura sono indicativi perché tutto dipende dal proprio forno… la cottura perfetta si otterrà con l’esperienza! Buona panificazione!

lunedì 19 novembre 2012

L'OLIO in PASTICCERIA: sodalizio antico e nuovo del Salento

Frutto di alberi secolari, color oro, liquido e denso, dal profumo di foglie ed erba fresca, dal gusto amabile, leggermente mandorlato,  vivacizzato da un leggero pizzicorio sulla lingua.  E' l' OLIO BUONO, l' OLIO EXTRAVERGINE D'OLIVA che in tanti nel Salento producono portando sulle proprie tavole un alimento sano e prezioso. L' "oiu", prodotto da sempre nella mia famiglia dai miei bis-nonni, poi dai miei nonni e dai miei genitori è stato, ed è ancora oggi, il  nostro legame concreto con la terra e con la vita. L'ulivo è di per se lavoro, sacrificio, continuità e risorsa. Bene imprescindibile, alimentare e spirituale, per una buona qualità della vita. L' amore e la fatica vengono ripagate in gusto e salute sulle nostre tavole.
Mia  madre, estimatrice all'avanguardia in questo campo, ha da sempre utilizzato l'olio extravergine per ogni preparazione, tradizionale o contemporanea. L'immagine di lei in cucina  profuma  di prelibatezze appena sfornate ma il burro difficilmente ha avuto accesso al suo frigorifero... che fossero torte, crostate o ciambelloni con maestria e sapienza dosava il nostro olio extravergine, regalandoci colazioni e merende BUONE e  SANE. Frolle e lievitati friabili, leggeri, dal gusto morbido, autentico e genuino. 
Se il mondo dell'alta pasticceria ha per lungo tempo avuto un approccio esitante e forse scettico,  oggi sta riscoprendo l'olio quale ingrediente d'eccellenza. La "pasticceria salutistica" diviene così  nuovo trend e una nuova risorsa: valorizza la pasticceria tradizionale ed il territorio, in un' ottica bio ed ecocompatibile.
Riappropriarci della nostra cultura gastronomica  significherà salvaguardare la nostra salute e la nostra economia, tutelare distese di argentati uliveti, aiutare la produzione  di questo elisir dal cuore d'oro.
Se volete provare come me in prima persona, cominciate a sperimentare nelle vostre cucine con i dolci che più vi piacciono: basterà sostituire 50 gr d'olio ogni 100 gr di burro. Nella pasticceria tradizionale invece, l'olio non viene mai  pesato ma misurato nei bicchieri da vino di una volta: se ne versa "menzu quintu" (100 gr circa), "nu quintu"(2000 gr circa), "menzu quartu" (250 gr circa), "nu quartu"(500 gr circa).
Ma attenzione, per ottenere un risultato di qualità la scelta della  materia prima è sostanziale,  solo con un olio  delicato e buonissimo potremo vivere esperienze organolettiche deliziose e inaspettate.
Ah... un altra cosa: non imburrate la teglia..oliatela! :)



Pasta frolla salentina - antico -

Ingredienti:
300 farina 
1/2 bicchiere d'olio evo (75 gr )
150 gr di zucchero semolato

Ciambella coccovaniglia con olio evo - nuovo -

Ingredienti:
4 uova medie
300 g di zucchero semolato
350 g farina 00
100 gr di olio evo 
1 yogurt bianco (facoltativo)
1 cucchiaino di essenza di vaniglia
1 bustina di lievito per dolci
80 g di cacao amaro
70 gr di latte
Preparazione
Nella planetaria montiamo le uova con lo zucchero, aggiungiamo l'olio evo a filo e uniamo, pian piano, la farina setacciata con il lievito. Una volta ottenuto un composto soffice ed omogeneo, oliamo e infariniamo lo stampo della ciambella e versiamo 3/4 del composto.  Unire Aggiungiamo il cacao al composto rimasto aggiungendo il latte poco per volta verificandone la resa e la consistenza dell'impasto. Mescolare bene dal basso verso l'alto e versiamo  nello stampo. Inforniamo a 180° per 45 ' (forno statico). Lasciamo intiepidire, togliamo dallo stampo e spolverizziamo di zucchero a velo. Ottima per colazione e merende, rimane soffice e morbida per più giorni!

Si preparano con l' olio anche i  dolci natalizi ( videoricetta ), i dolci pasquali, la torta della nonna, le pitteddre.




mercoledì 14 novembre 2012

PASTE SECCHE di MANDORLE

Le "paste secche" sono classici pasticcini a base di  mandorle che insieme ai  mustaccioli e ai taralli zuccherati  da sempre accompagnano gli eventi festosi dei salentini.
Semplici da realizzare, delicatamente croccanti fuori e morbidi dentro, sono perfetti per allietare il periodo natalizio ormai alle porte.




LE MIE "PASTE SECCHE di MANDORLE"
Ingredienti:
300 gr di mandorle pelate
200 gr di zucchero semolato superfino
120 gr di albume
6-7 gocce di essenza di mandorla amara
Per la decorazione (a scelta):
Mandorle intere pelate o scure
Ciliege candite rosse e/o verdi
Tasca da pasticcere con punta a stella molto larga (facoltativa)
Preparazione
Nel mixer tritiamo le mandorle metà alla volta, cercando di non scaldare troppo le lame e far uscire gli oli delle mandorle. Aggiungiamo lo zucchero, gli albumi, l'essenza di mandorla amara e mixiamo bene.
Preleviamo un po' d'impasto e realizziamo delle palline, grandi come delle polpette; spolverizziamole leggermente con lo  zucchero ed in cima, al centro,  sistemiamo una mandorla o una ciliegia candita, premendo leggermente.
Se abbiamo del tempo lasciamo asciugare i dolcetti un paio d' ore in frigorifero.. altrimenti inforniamoli subito...risulteranno leggermente più morbidi ma comunque buonissimi !



Cuociamo in forno preriscaldato a 190 ° per 10'.
Non appena si doreranno sforniamoli  e lasciamoli raffreddare.
Riponiamoli in un luogo fresco e asciutto... si conservano per molti giorni. Delicious!




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venerdì 9 novembre 2012

Menù per SAN MARTINO: mieru, mieru, mieru lalla' !

San Martino decreta simbolicamente l'inizio della stagione invernale. E' l'occasione per accende il camino, imbandire una piacevole tavolata e trascorrere il tempo beato dell' allegria.
In molte regioni italiane questa festa non ha  la stessa goliardia, lo stesso calore e  frizzante sapore che ha per noi salentini che mai mancheremmo all'appuntamento con la degustazione del vino novello. 
La ricorrenza cristiana legata alla leggenda del cavaliere S. Martino, che dona una parte del suo mantello ad un mendicante infreddolito, viene offuscata dall' inebriante festa d'origine contadina, che ha inizio nelle cantine con l'apertura delle botti e segue con grigliate di carne fumante, fiumi di novello e castagne arrostite. "A San Martino ogni mustu diventa vinu!": brindisi e calici innalzati al cielo a gratificazione, lode e gloria nei confronti della vita e di chi ha dato vita, anche quest'anno, al meraviglioso nettare degli dei.

Potrebbe interessarti:http://www.lecceprima.it/eventi/cultura/torna-san-martino-salentino-festa-del-vino-novello.html
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MENU' per la cena di S. MARTINO

Antipasto
Pittule semplici, alla pizzaiola, con verdure...


Secondo di carne
Salsiccia arrostita dolce e piccante 

Contorno
Rape 'nfucate (Cime di rapa stufate)


Secondo vegetariano
Favenette e cicureddhre (Purè di fave e cicoria catalogna)


Frutta
Castagne arrostite

Dolce


Bevande
Mieru mieru, mieru lallà (vino novello del Salento)
Acqua meglio di no... diceva mia nonno che arrugginisce!

martedì 6 novembre 2012

ORECCHIETTE al CAVOLFIORE


Un piatto classico che ostenta femminilità:  candido, delicato, piccante.  



ORECCHIETTE AL CAVOLFIORE
Ingredienti (per 4 persone):
500 gr di orecchiette di grano duro 
1 cavolfiore medio
1 spicchio d' aglio 
100 gr di pancetta dolce tagliata a cubetti
Pangrattato q.b.
Peperoncino piccante (facoltativo)
Sale q.b. 
Olio e.v.o. q.b.
Preparazione: 

Per prima cosa mettiamo a bollire una larga pentola piena d'acqua. Intanto puliamo il cavolo, dividiamolo in piccole cime, laviamole sotto acqua corrente e, appena comincia a bollire,  saliamo l'acqua e versiamoci la verdura.
In una larga padella scaldiamo dolcemente l'olio con uno spicchio d'aglio schiacciato ed il peperoncinoaggiungiamo la pancetta e soffriggiamola fino a renderla croccante. 
Contemporaneamente, in una piccola padella, versiamo un filo d'olio e tostiamo il pangrattato con un pizzico di sale, fino a renderlo ambrato.
Quando il cavolfiore sarà a metà cottura, nella stessa acqua versiamo le orecchiette e continuiamo a cuocere insieme.
Scoliamo al dente e saltiamo il tutto con olio e pancetta croccante. 

Spolverizziamo ogni piatto con la mollica di pane per donargli croccantezza e portiamo in tavola. 
Delicious!

venerdì 26 ottobre 2012

ZUCCA GIALLA PICCANTE

Una ricetta perfetta in questi giorni di fine ottobre... arriva direttamente dalla cucina della mia splendida nonna che la prepara da più di mezzo secolo.
Sobria e genuina, sorprende per  l'equilibrato contrasto dolce e piccante.


ZUCCA GIALLA PICCANTE 
Ingredienti:
500 gr di zucca
1 cipolla bianca
2 pomodorini invernali a pendolo
5 - 6 cucchiai d'olio e.v.o.
peperoncino piccante sott'olio 2 cucchiaini o più
prezzemolo  1 ciuffetto
sale q.b.
Preparazione:

Puliamo la zucca e tagliamola a tocchetti. In una pentola di coccio versiamo l'olio, soffriggiamo leggermente il peperoncino, aggiungiamo  1 cipolla  tagliata a rondelle insieme alla zucca a pezzi e ai pomodorini tagliati a metà. 
Rimestando bene, saliamo, copriamo d'acqua (a livello della zucca), facciamo prendere bollore e cuociamo a fuoco dolce fino a che non diventerà molto morbida. Impiegherà una mezz'ora circa.
Serviamo calda con qualche ciuffo di prezzemolo.

Note: 
- Se vogliamo rendere la nostra zucca una vellutata, frulliamo tutto con in mixer a immersione prima di servire.
- Possiamo prepararla in anticipo e riscaldarla all'occorrenza. 

martedì 16 ottobre 2012

IL GRANO DEI MORTI nella notte dei misteri


Nella notte scura, a cavallo tra il giorno di Ognissanti e quello dei Morti, le anime dei defunti affrontano un lungo viaggio verso la terra dei vivi, guidati da misteriose lanterne
I lumi accesi nelle zucche dalle sembianze umane, spaventose e beffarde, aiutano le anime perse a raggiungere la via di casa. 
E' la notte dei misteri, ma non  siamo in un quartiere americano, come qualcuno potrebbe immaginare, bensì ad Orsara, nel nord della Puglia, dove  la commemorazione dei defunti viene  celebrata secondo un'antica tradizione. 


La sua origine si perde nella notte dei tempi. I romani, festeggiavano il I novembre, in onore della la Dea Pomona, divinità di frutti,  alla quale offrivano mele e raccolto di stagione. Unirono poi le loro usanze a quelle dei celti che, la notte del 31 ottobre, celebravano la fine dell'estate ed il principio del nuovo anno. Indossavano pelli di animali e maschere spaventosedanzavano e accendevano sacri falò, da cui attingevano la brace per accendere i focolari il mattino seguente. 
I Celti credevano che durante questa notte, il Signore della Morte chiamasse a se tutti  gli spiriti, permettendogli di unirsi al mondo dei  viventi, e per questo lasciavano cibo e bevande dinanzi alle proprie case.
In qualche modo, quei riti pagani sono sopravvissuti sino a noi. Ad Orsara di Puglia, come in Irlanda, le anime in viaggio trovano ristoro su tavole apparecchiate  e si scaldano alla brace dei camini prelevata dai falò, accesi per le strade.


Dalle offerte agli dei, fino alle tavole apparecchiate, il cibo sembra essere, da sempre, il legame tra il mondo dei viventi e quello degli spiriti, la materia e l'anima, il rivelato e il misterioso. 
Piatto celebrativo per eccellenza è il Grano dei Morti, anche conosciuto in Puglia come  Cicci Cotti  e nel Salento come Colva, è un antichissimo dolce preparato in alcuni paesi della Grecia Salentina, ma sopratutto nel foggiano e in alcune zone del barese, a base di grano tenero, chicchi di melagrana e vin-cotto.


IL GRANO DEI MORTI o COLVA
Ricetta:
500 gr di grano tenero perlato "bianchetta"
300 gr di noci
300 gr di cioccolato fondente
150 gr di cedro candito
n. 02 melagrane 
cannella q.b. facoltativa
Vin-cotto q.b.
Preparazione:
Dopo aver lasciato il grano a bagno per 3 giorni, laviamolo e mettiamolo a bollire in una pentola di creta in abbondante acqua per un'oretta. Schiacciamo le noci e spezzettiamo  i gherigli con le mani, sgraniamo le melagrane, tagliamo a pezzetti il cioccolato ed il cedro candito. Scoliamo il grano, lasciamolo raffreddare e mescoliamolo con glia altri ingredienti in una ciotola. Al momento di servire  condiamo il dolce con abbondante vin-cotto (mettendolo prima indurirebbe) e terminiamo, se ci piace, con una spolverizzata di cannella. Delicious!
Post dedicato a Grazia Gaudiano per avermi fatto conoscere questo antichissimo dolce e avermi regalato la ricetta di sua mamma.

venerdì 12 ottobre 2012

MOSTARDA D'UVA MALVASIA - Ricette della nonna Assunta


La vedo tornare a casa in bici, nel primo pomeriggio, vestita con una lunga gonna fiorata. Porta con sé un cesto di vimini colmo di bellissimi grappoli d'uva malvasia, un piccolo "bottino" dopo una lunga giornata trascorsa nella vignaIo mi avvicino e la guardo incantata trasformare quell'uva, calda, nera, dagli acini piccoli e dolci, nella confettura più buona che abbia mai assaggiato.


Un ricordo di più di 20 anni fa...  allora sapevo che, un giorno,  avrei preparato anch'io quella delizia, insieme a tutti quei piatti meravigliosi che ogni giorno assaggiavo nella sua cucina.
Mia nonna non mi ha mai scritto una ricetta, la sua è una cucina  tramandata senza carta e penna ma trasmessa tramite gesti, meticolosi e metodici, che si ripetono ciclicamente durante le stagioni.
E' una cucina senza dosi, "a  recula" era la regola, ed anche per mia mamma è sempre stato così... credo sia stata io la prima, in famiglia, a derogare alla "regola" pesando qualsiasi ingrediente.
E' una cucina di esperienza, una cucina guardata e vissuta,  che  ti fa sentire, da sempre, a tuo agio tra i fornelli. Sai già cosa fare  ma non sai bene quando lo hai imparato.
Vi regalo la sua ricetta della "mustarda", fatta solo con l'uva " te mustu"  o, per meglio dire, da vino.  Meravigliosamente semplice,  straordinariamente buona.

MOSTARDA d'UVA MALVASIA della nonna Assunta
Ingredienti:
2kg di uva malvasia
800g zucchero semolato
grappa q.b.
setaccio
1 vasetto sterilizzzato ( bagnandolo e mettendolo per 1 minuto nel microonde alla massima potenza)
Preparazione:
Laviamo accuratamente l'uva, stacchiamo gli acini dal graspo e  mettiamoli in una larga pentola antiaderente. 
Schiacciamo qualche acino, in modo da far scendere un po' di succo, ed accendiamo il fuoco a fiamma bassissima. 
Quando l'uva si sarà disfatta  togliamola dal fuoco, lasciamola intiepidire leggermente e passiamola al setaccio premendo con il palmo delle mani, in modo da separare ben bene la polpa  dai semi e la buccia.
Rimettiamo in pentola il succo ottenuto e, sempre a fuoco molto basso, cuociamo finché il liquido sarà ridotto di almeno 1/3. 
Aggiungiamo lo zucchero e continuiamo la cottura, mescolando di tanto in tanto, fino a che il composto non si sarà addensato. Nell'incertezza possiamo verificare la cottura versando una goccia di confettura su un piattino freddo di freezer: se inclinandolo la mostarda rimane dov'è, vuol dire che è pronta!
Versiamo la mostarda calda nel vasetto sterilizzato (bagnamolo e mettiamolo per 1 minuto nel microonde alla max potenza) e asciutto.
Chiudiamo ermeticamente, versiamo un filo di grappa (o un altro liquore molto alcolico), capovolgiamolo e lasciamolo raffreddare a temperatura ambiente.
Chiudiamo il vasetto e capovolgiamolo fino a raffreddamento.
Etichettiamolo e riponiamolo in un luogo fresco e asciutto, meglio ancora se al riparo della luce.
Delicious!

martedì 9 ottobre 2012

CONFETTURA di CACHI - Salento d'autunno


L’autunno nel Salento è sempre più caldo e meno triste… il sole bacia i nostri volti sino a novembre e godiamo dei frutti maturi di questa stagione senza alcuna malinconia.
Anche i colori dei  frutti autunnali sono caldi come questa Terra
il viola dell’ uva, il rosso vermiglio  dei melograni, il giallo delle mele cotognel' arancione delle zucche e dei cachi.
Proprio quest'ultimi frutti, dalla polpa dolce e succosa, dal sentore di vaniglia e dalla consistenza leggermente gelatinosa, possono regalarci una confettura particolare e buonissima, difficilmente acquistabile e perfetta  da utilizzare  come fondo di una crostata alla crema, in abbinamento a dolci a base di cioccolato fondente  e come accompagnamento ai formaggi.

CONFETTURA DI CACHI
Ingredienti:
1Kg di cachi maturi 
350 gr di zucchero di canna 
1 limone succo
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
2 vasetti sterilizzati a chiusura ermetica
Preparazione:
Preparazione:
Laviamo i cachi  e preleviamo solo la polpa, mettiamola in una pentola d'acciaio insieme allo zucchero, al succo di limone e alla vaniglia, che esalerà la nota vanigliata, caratteristica del frutto.
Cuciamo a fiamma dolce, mescolando spesso, fino a che la composta non raggiungerà la consistenza ideale, ci vorrà all'incirca una mezz'ora. 
Frulliamo tutto con il mixer a immersione, riempiamo i vasetti (precedentemente sterilizzati) e facciamoli raffreddare capovolti. 

NOTA: Non utilizziamo i cachi poco maturi, il sapore aspro in bocca, è dovuto all'alta concentrazione  di tannino contenuta nei frutti acerbi.

giovedì 4 ottobre 2012

Dal RE del BACALA' !

Il mio viaggio in Veneto, sulla via dei sapori e delle scoperte culinarie, mi ha condotta sino a Sandrigo, delizioso e piccolo comune della provincia di Vicenza, portato alla ribalta da Antonio e Marco Chemello, padre e figlio, campioni della trasmissione nazionalpopolare "La prova del cuoco" ed entrambi chef del ristorante "Palmerino", regno incontrastato del bacalà.


Il baccalà è un pesce tradizionalemente molto usato anche nella cucina salentina, sopratutto per la preparazione dei "piatti della Vigilia" e mi incuriosiva conoscere i segreti della preparazione vicentina...e poi, onestamente,  dopo aver tanto sentito parlare di questo meraviglioso piatto, quale migliore occasione di gustarlo preparato dalle mani esperte di Antonio Chemello, il RE del Bacalà?!
La mia curiosità era tanta, ed entrare nella loro cucina è stato appassionante.


Con mia grande sorpresa, Antonio ci spiega che il BACALA'  alla vicentina, si prepara in realtà con lo STOCCAFISSO, anche conosciuto come pesce stocco ( merluzzo essiccato al vento), ma la cosa che più mi ha colpita è il suo amore per questo pesce, che traspare nell'attenzione e nella ricercatezza dei suoi racconti, dei suoi gesti e delle sue preparazioni.
E' un uomo che ha investito nella sua terra, coltivando le proprie radici, raccogliendo l'eredità dei propri nonni e valorizzato prodotti e tradizioni locali.
Antonio e Marco erano da poco reduci di un lungo viaggio in Europa che, a bordo di una FIAT 500 gialla, li ha condotti da Sandrigo fino a Rost, città della Norvegia e terra dello stoccafisso, per promuovere l'antica ricetta vicentina di questo piatto, unico ed eccezionale, nel sapore, nella qualità e nell'aspetto nutrizionale.
Quanto il sapere si unisce alla passione ecco che si giunge all'eccellenza! A voi il

BACALA' alla VICENTINA con POLENTA di Antonio Chemello
Ingredienti:
1 stocafisso secco
olio extravergine d'oliva q.b.
1 cipolla
1 spicchio d'aglio
1 sarda sotto sale
farina 00 q.b.
50 gr grana padano grattugiato
prezzemolo q.b.
sale q.b.
pepe q.b.
1/2 di latte
Terrina di creta
Preparazione:
Prendiamo uno stoccafisso, già  battuto e ammollato in acqua fredda corrente, cambiata ogni 4 ore per 2-3 giorni.
In una pentola d'acciaio prepariamo il fondo di cottura usando un bicchiere di ottimo olio extravergine,  una cipolla affettata sottilmente, uno spicchietto d'aglio tritato e una sarda sotto sale (senza lisca) tagliata a pezzetti. Facciamo rosolare il tutto a fuoco dolce ed intanto prepariamo il pesce.
Questo è  un piatto dalla cottura molto semplice e che si può preparare con largo in anticipo (il giorno dopo, riscaldato, è anche più buono!), ma la preparazione necessita di molta pazienza ed attenzione.
Laviamo la pelle, tagliamo il pesce per lungo, togliamo le branche, la lisca e tutte le spine, una ad una, con i polpastrelli.

Chiudiamolo,  tagliamolo a pezzi, cospargiamo un po' di farina su un tagliere (servirà a legare il sughetto) e adagiamo sopra i pezzi aperti a metà . Cospargiamo l'interno del pesce con  grana padano,  prezzemolo tritato, sale, pepe ed un po' di farina.

Spegnamo il fuoco al sughetto, che intanto si sarà amalgamato e avrà preso tutti i sapori, e versiamolo sul fondo di una terrina di creta.
Richiudiamo ogni pezzo, e mettiamo il baccalà nella terrina, adagiandolo sul fianco. Versiamo il latte, mezzo bicchiere d' olio e cuociamo in forno, a fuoco basso, circa  100°-110° per 4 ore, coperto, senza mai toccarlo.
E' cotto quando lo stoccafisso ha assorbito tutto il suo latte.
Un'ora prima prepariamo la polenta che taglieremo a losanghe o a forma di simpatici pesciolini, e che accompagneranno il nostro fantastico bacalà... un filo d'olio crudo e voilà... Vicenza è in tavola!